Gira questo interessante documento dei legali di Google secondo il quale, fra l’altro:
una persona non ha legittime aspettative di privacy su informazioni che abbia volontariamente ceduto a terze parti (a person has no legitimate expectation of privacy in information he voluntarily turns over to third parties” , pag. 28, righe 9-10)
Devo dire che l’approccio è radicale, ma innovativo, e mi trova d’accordo. Soprattutto perché non si richiama a qualche remoto codicillo contrattuale, ma invoca un principio. E i principi sono belli perché semplificano la vita a tutti, e valgono per tutti.
Quindi direi di sposare con entusiasmo la linea di Google: la prossima volta che comperi un MP3 , un ebook, un software, puoi invocare lo stesso principio, sono tuoi, ci fai il cavolo che ti pare, li noleggi, li rivendi, li ripubblichi. Tanto ti sono stati evidentemente “ceduti volontariamente”, anzi li hai pure pagati, cosa che Google non può dire dei nostri dati personali. Naturalmente non puoi assumertene la paternità, ci mancherebbe, un po’ di rispetto per la creazione di contenuti. In pratica, qualsiasi contenuto diventa viene protetto con da Creative Commons CC-BY-SA.
Magari non sarà la miglior riforma possibile del diritto d’autore, ma di sicuro un passo deciso e importante nella direzione giusta. E ora mi piacerebbe che il giudice desse ragione a Google in questi termini, per sentire la casta della proprietà intellettuale sostenere che va bene i principi, ma per loro ne valgono altri.
Qualcuno ha detto che dio ha dato agli uomini la Legge, e il diavolo gli avvocati. Ma si sa, il diavolo fa le pentole…
Mi piacerebbe. Stavo anche per chiedere se “volontariamente ceduto a terze parti” valesse anche per le canzoni non acquistate, ma semplicemente ascoltate. Epperò c’è un problema nella tua iperbole: Google parla espressamente di privacy, non di possesso o altro diritto d’uso. Dovremmo – dovranno – prima chiarire cosa si intenda. Potrebbe anche essere una cosa semi paradossale tipo che non si è tenuti alla segretezza, ma nemmeno si può condividere ufficialmente e soprattutto lucrosamente quei dati. Solo dargli agli amici tipo. In questo senso sarebbe però “divertente” la questione degli autoscatti osé che girano in rete e sui cellulari.
ciao Domiziano, sì parlano di privacy ma per difendere il “trattamento automatico”, e fanno credere che gli utenti si lamentino del fatto che il mailserver legga l’indirizzo di destinazione.
In effetti quello che Google vuole è far cadere tutto quello che fa sotto il cappello di “trattamento automatico”, sostenendo che siccome le informazioni le ha avute volontariamente può farci quel che vuole. Abbastanza scontata come mossa, ma divertente da prendere alla lettera.
Il punto è che se Google non può manipolare, filtrare, condividere lucrosamente i dati, il suo modello di business sparisce.
Quanto agli autoscatti, in Italia la legge è decisamente chiara. Se Gigina ti manda una foto sul cellulare, tu non hai alcun diritto di diffonderla. Se la mette su Fb, invece, è già diffusa.
Ciao, e grazie,
W
Un altra gemma dell’arroganza di Google … dopo averci schedati tutti, avere acquisito informazioni di ogni tipo a nostro riguardo, adesso rivendicano anche il diritto di usufruirne come meglio credono…
Ciao Pierluigi,
Google non è diversa da Microsoft, Apple o IBM. La “cultura” dominante prevede che esistano solo per fare utili, dice MIlton Friedman. La “simpatia”, la “differenza” è solo una proposizione di marketing.
Per fortuna si comincia già a dire che quella di Friedman è “l’idea più stupida del mondo“. Ma ci vorrà almeno una generazione.
Intanto, noi possiamo cominciare a non berci più le loro storielle, quello sì…
Ciao e grazie,
W
Haime’ lo hanno sempre fatto – i tempi di don’t be evil sono lontani…
e come dice Walter, Google e’ solo la piu’ potente a causa della pervasivita’ dei servizi che offre, ma come si dice: se un prodotto e’ gratis, ricorda che il prodotto sei tu. As simple as that…
Il principio, piu’ che gli MP3 sarebbe da applicare a tutta l’informazione l’esistente, inclusa quella gestita dalla NSA, facendo decadere nell’assurdo le accuse contro snowden…
se togliamo la riservatezza delle informazioni personali, segue la necessita’ di eliminare qualsiasi forma di riservatezza.
Esatto, Pat. Tutte le informazioni sono informazioni personali. Le aziende sono persone giuridiche. Di qui la mia “provocazione”: prendiamoli alla lettera, e vedi come cambiano idea 🙂
Grazie, W
Questo mette in luce due fattori: il primo è che qualsiasi cosa facciamo (specificatamente sul web) viene ceduta a terzi sotto forma di dati, statistiche, accessi, abitudini e chi più ne ha più ne metta. L’altra è che nella vita reale siamo tutti attentissimi mentre online sembra non importarcene nulla. Forse è per questo che molti (vedi Google ma anche tutti gli altri) ci marciano sopra e non si fanno molti scrupoli.
Forse è quello che ci meritiamo dopotutto.
daniele